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Riflessione di una maestra sull'insegnamento della religione

Ultimo Aggiornamento: 17/11/2008 05:12
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17/11/2008 05:12

Cari amici,
cara Daniela, sento di esprimere il mio parere sull'ora di Religione. Sono nella Scuola Primaria da trent'anni ed ho sempre insegnato, tra le altre materie, Religione. Ti garantisco, per quella che è la mia esperienza, di aver riscontrato una grandissima ignoranza in tale disciplina.E' vero i nostri studenti sono poco preparati in Italiano, Matematica, Scienze, ma molto meno lo sono in Religione e non ti parlo in relazione ad un'adesione che la scuola non richiede né ha mai richiesto, ma come conoscenza.
Conoscenza che è indispensabile, come già detto, per "muoversi"
all'interno della cultura, della storia, dell'arte del nostro paese e dell'Europa. Quando parlo d'ignoranza intendo una mancanza quasi totale di acquisizione di nozioni, concetti che a noi sembrano ovvi, banali, scontati ma che sono assenti nelle nuove generazioni. Quando ho iniziato ad insegnare c'era un terreno culturale fatto anche di tradizioni e consuetudini tenute vive molte volte dai nonni che si prodigavano, che spiegavano. Ora non è più così, ma veramente non è così! Ed i bambini, quelli che si avvalgono dell'ora di Religione, non sanno di chi si sta parlando. Non distinguono Gesù da Babbo Natale, non sanno chi è il Papa e qual è il suo compito, non sanno il significato delle festività religiose, spesso ci si mette mesi per insegnare che a Natale si fa memoria di una certa cosa ed a Pasqua di un'altra perché di queste feste conoscono a volte, solo l'aspetto consumistico.
Ricordo una bambina, terza elementare, ad una verifica iniziale, quelle che si fanno per sondare il terreno, alla domanda: - Come è morto Gesù?
Rispose: - Si è suicidato.
Rimasi molto sorpresa non per quanto detto, ma perché nel patrimonio culturale in fieri di quella bambina c'era il concetto di suicidio, quindi qualcuno le aveva spiegato di cosa si trattava, e non so perché avesse associato Gesù al suicidio, forse le era stato detto questo, ma non era la verità. Insegnare Religione significa dire innanzi tutto la verità storica su Gesù. Dire che non è un mito, né un super-eroe, far conoscere l'esperienza di quanti nella storia gli sono andati dietro, di quanto hanno costruito in suo nome, di quanto hanno anche sbagliato. Far conoscere. Non c'è nessuno che voglia indottrinare i giovani. Semmai è una questione di rispetto e di ragione. Rispetto verso i ragazzi. Perché si può rifiutare solo ciò che si conosce e si è verificato non essere corrispondente alle proprie esigenze, alle esigenze del proprio cuore.
L'educazione, come ci ha insegnato don Giussani nel suo libro "Il rischio educativo" parte da un'ipotesi, e la tradizione è per ogni uomo questa ipotesi che va verificata per poi magari essere rifiutata. E' un metodo questo, che vale per tutto!
Mi ha molto colpito nell'esperienza di Magdi Cristiano, il fatto che egli abbia più volte detto che la sua conversione è avvenuta anche perché non trovava più corrispondente l'islam, agli ideali che il suo cuore sentiva veri, primi fra tutti il rispetto della sacralità della vita , della dignità e libertà della persona quale fondamento della civile convivenza.
Quindi è stato un fatto che ha coinvolto la sua ragione tanto appassionata al vero da cercarlo prima di tutto nel contesto culturale dove il destino, o il caso se preferisci, lo aveva messo, e tanto leale con se stessa da dover, ad un certo punto, essere costretta a volgersi altrove.
Ma come si può rifiutare qualcosa che non si conosce? Questo è il punto che rende una questione di ragione insegnare Religione Cattolica ai nostri alunni, affinché siano liberi di scegliere, come tanti hanno fatto, di proseguire con un'adesione personale o di rifiutare.
Uno che non conosce non è libero! E bisogna essere onesti e non trovare scappatoie. Insegnare Religione non è, o non è solo, insegnare i valori che il fatto cristiano ha portato, ma è spiegare quest'esperienza, far capire da dove e perché quei valori sono stati generati..
Insomma, non è parlare di ecologia e di pace, di tolleranza o, peggio, diffondere il relativismo culturale per intendersi. Perché quando i ragazzi studieranno Dante, Manzoni, Michelangelo ecc. non è della bandiera dei pacifisti che avranno bisogno, ma di avere categorie culturali che consentano loro di capire quanto leggono o vedono rappresentato. E quando cercheranno le risposte alle domande fondamentali della vita, è di un'ipotesi che necessitano, e di adulti che li aiutino a paragonare quella ipotesi con quanto il loro cuore desidera. Niente di generico quindi, ma una questione di metodo che, secondo me, vale per tutto.
Nessuno vuole indottrinare i bambini , ma che un bambino festeggi Halloween, come ormai è diventato normale, ma non sappia perché sta a casa da scuola l'1 o il 2 novembre o dove è scritta la storia di quell'uomo morto in croce, o chi siano quelli che lo seguono e cosa hanno fatto, mi sembra un gravissimo errore.
E a chi pensa io abbia esagerato, lancio una sfida: interrogate i vostri alunni più grandi, i vostri figli (e… perché no?) i vostri colleghi sui contenuti della Religione Cattolica. Portate i ragazzi davanti alla "Pietà" di Michelangelo, alla "Porta del Paradiso" del Ghiberti o ad un quadro di Raffaello o Caravaggio e vedrete che forse, non ho alterato di
troppo la realtà.

Laura Gradara.
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