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Joseph Ratzinger alla Sapienza

Ultimo Aggiornamento: 17/11/2008 15:09
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17/11/2008 14:51

Sono stato turbato dal mancato ingresso del Papa alla Sapienza. Joseph Ratzinger è stato un Professore universitario molto stimato (sicuramente più famoso dei Professori della Sapienza) e solo per questo meriterebbe di tenere una lezione magistrale alla Sapienza. All'università di Ratisbona non ci sono stati problemi ad accoglierlo, in quanto grande teologo. La Sapienza ha invece mostrato di essere un covo di ignoranza palesando una chiusura mentale verso la teologia molto antiscientifica, poichè relega la religione a qualcosa di non entrabile in un'università. Un simile fenomeno è presente solo in Italia, stato che ha addirittura abolito le facoltà di teologia dal proprio sistema universitario in nome dell'oscurantismo ateo. Questo fanatismo laicista mi preoccupa molto, perchè rischia di creare una generazione di ignoranti del sacro. Nessuno sta cercando di imporre una certa religione, ma solo di discutere di religione in ambienti culturali, come avviene in tutti i centri accademici del mondo.




[Modificato da 83pico@live.it 17/11/2008 15:09]
17/11/2008 14:52

Una delle opere più conturbanti del Goya è, senz’altro, Saturno che divora suo figlio, tema già trattato anche dal Rubens e dal Primaticcio. Il suo sguardo demenziale, la ferocia mentre sbrana un essere innocente che egli dovrebbe, invece, proteggere come “carne della sua carne” provocano ribrezzo.
Perché questa follia? Semplicemente perché temeva che gli potesse contendere il potere. Vecchio e fiaccato, preferiva uccidere il frutto della sua concupiscenza anziché affrontare una lotta dall’esito incerto.
Un’associazione d’immagini mi ha rievocato questo quadro nel considerare i recenti episodi di anti-cattolicesimo all’Università La Sapienza di Roma, quando l’insolente protesta di un gruppo di professori ha impedito a Papa Benedetto XVI di tenere la Lectio magistralis all’inaugurazione dell’anno accademico.


Amnesia selettiva

Tutto è cominciato con una lettera del prof. Marcello Cini pubblicata sul Manifesto e subito avallata da altri 67 professori. Rivolgendosi al Rettore, il docente emerito di Fisica si dichiarava “indignato” per ciò che riteneva «un’incredibile violazione della tradizionale autonomia delle università, da più di 705 anni incarnata nel mondo da La Sapienza».

Sarà ignoranza o amnesia selettiva, il fatto è che è stata la Chiesa ad inventare le Università e, concretamente, a fondare La Sapienza. Luogo per eccellenza della trasmissione della cultura, le Università sono uno dei frutti più alti del Cristianesimo.
Dalla riforma scolastica di Carlomagno nel secolo VIII (la cosiddetta “rinascita carolina”) alla fondazione dei grandi centri universitari durante il Medioevo, la Chiesa è stata sempre al cuore della promozione culturale. Questo è un dato di fatto messo sempre più in evidenza anche dalla più attuale ricerca storica, come quella di Rodney Stark e di Thomas Woods.

Parlare poi di “705 anni di autonomia della Sapienza” è una svista madornale. La Studium Urbis, in seguito diventata La Sapienza, è stata fondata da Papa Bonifacio VIII nel 1303 e ha funzionato come università cattolica fino al 1872, quando venne inquadrata nella legislazione del Regno d’Italia. Semmai è a partire da questa data che si potrebbe parlare di “violazione”...

Riguardo all’astioso caso Galileo, più volte invocato come “prova regina” contro il Papato, non si può ignorare che la teoria copernicana veniva insegnata dalla Chiesa già cento anni prima di Galileo. La riforma del calendario, attuata da Papa Gregorio XIII nel 1582 e oggi adottata universalmente, si fondava proprio sui calcoli di Copernico. A Roma, Galileo presentò la sua teoria ai gesuiti del Collegio Romano, inclusi il futuro Papa Urbano VIII e san Roberto Bellarmino. La condanna del saggio pisano si dovette a questioni disciplinari e non scientifiche, e consistette in un breve esilio nella villa “Il Gioiello”.
Quanto alle altre prove incriminanti abbozzate dal Cini – le crociate, i pogrom contro gli ebrei, lo sterminio degli indigeni delle Americhe, la tratta degli schiavi, i roghi dell’Inquisizione – sarebbe meglio soprassedere per non mettere in imbarazzo l’ex docente di Fisica Teorica.


Laicismo liberticida

La bieca opposizione dei docenti alla presenza di Benedetto XVI (docente universitario pure lui), è stata fatta «in nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia».

Sembrerebbe che per questi professori il cattolicesimo non sia né un “credo” né una “ideologia”, altrimenti non si capisce perché non dovrebbero accoglierlo nello spirito di ampio dialogo che dicono di praticare. Oppure dobbiamo dedurre che ci sono alcuni “credi” e “ideologie” ammessi ed altri non ammessi? Allora siamo in presenza di un atteggiamento prettamente ideologico, lontano anni luce dal vero spirito scientifico. Siamo in presenza d’una censura della libertà di parola, come l’ha giustamente qualificata l’Osservatore Romano. Una censura fatta “in nome della laicità”.


Quando gettano la maschera…

In questo senso, dobbiamo quasi ringraziare i docenti della Sapienza per averci aperto gli occhi su un aspetto del laicismo non sempre messo in luce: il suo carattere dittatoriale. Erede dell’Illuminismo, il laicismo reclamava a grandi voci uno spirito di ampia libertà: libertà della scienza, che doveva procedere senza timore di conflitto con l’autorità religiosa; libertà dello Stato, che doveva restare immune da qualsiasi influenza ecclesiastica; libertà della coscienza privata, che non doveva essere condizionata da nessun Magistero.

Ma ecco che, giunto ad una situazione di virtuale egemonia, specie nel mondo accademico, il laicismo comincia a negare ad alcuni quella stessa libertà che fino a ieri sventolava come bandiera. Preferisce uccidere il frutto del suo grembo anziché confrontarsi con certe realtà. Proprio come Saturno.
Il vecchio dio era mosso dalla paura. Si sentiva minacciato. Ed era questo il motivo della sua furia. Anche nei corridoi della Sapienza sembra che serpeggi la paura. “Qualcuno ha paura di sentire quello che il Papa vuole dire”, dichiarava il prof. Bruno Dalla Piccola, docente di genetica medica.

Cosa turba tanto il prof. Marcello Cini e suoi sessantasette emuli? Perché si ergono con tanta furia contro la Lectio Magistralis di Papa Ratzinger, rompendo con una tradizione che aveva già visto ospiti dell’Ateneo romano Paolo VI nel 1964 e Giovanni Paolo II nel 1991?
Ce lo spiega a chiare lettere lo stesso Cini. E forse questo è l’unico punto veramente imparziale della sua lettera.


Il ritorno del sacro

Cini ha paura che, seguendo le orme di Giovanni Paolo II in Fides et Ratio, Benedetto XVI possa chiudere la fallace spaccatura fra fede e ragione, demolendo l’edificio faticosamente costruito dai laicisti sulla scia dell’Illuminismo. Ma, invece di affrontare gli argomenti, presentati dal Pontefice con serenità e rigore logico, ripiegano sulla torre d’avorio e levano il ponte.

Non è più il laicismo tripudiante d’una volta, convinto di sconfiggere ogni avversario poiché il vento della storia lo spingeva, ma un laicismo timoroso e vacillante, che non riesce più a rispondere a certe sfide della post-modernità. E risponde con una furia direttamente proporzionale alla sua paura.
Presumendo di “liberare” l’uomo, il laicismo lo ha invece privato d’una dimensione fondamentale della sua natura: l’apertura al trascendente e, quindi, all’Assoluto. Tagliando il trascendente fuori dalla vita umana, individuale e sociale, il laicismo ha rinchiuso l’uomo nella gabbia della sua propria ragione, necessariamente limitata.

Ironia della storia, più l’uomo applica la sola ragione all’analisi dell’universo (la Scienza, appunto), più egli si rende conto che non riesce a venirne a capo. Più l’uomo cerca di vivere nei canoni della laicità, più egli si rende conto che lascia inappagate esigenze basilari della sua natura.
Ed ecco che, come un uccello che brama per scappare via da una gabbia troppo stretta, la tendenza al trascendente sta irrompendo ovunque e in campi assai diversi. “Chassez le naturel et il reviendra au galop”, dicono i francesi.
Questo “ritorno del sacro” comincia a preoccupare seriamente i laicisti.

In un interessantissimo documento, datato 12 dicembre 2007, il Grande Oriente di Francia si lamenta che «in Francia come nell’Occidente viviamo una vera rivoluzione silenziosa caratterizzata da un inquietante ritorno del religioso. (...) Assistiamo al trionfo del soggetto religioso, cancellando a poco a poco il soggetto politico e razionale».
Avvertendo che «questo fenomeno storico suppone un pericolo molto grave», il Comunicato dei massoni francesi chiude con un appello ai confratelli affinché «difendano il pensiero agnostico (...) esercitando la più strenua vigilanza di fronte a questa offensiva generale contro l’emancipazione dell’Uomo e contro le sue Libertà».


Segni dei tempi

Diversamente dai laicisti, ormai incapaci di leggere i segni dei tempi, Benedetto XVI sta cercando di penetrare questo fenomeno, di spiegarlo a fondo con un linguaggio accessibile anche agli agnostici, di inserirlo nella grande tradizione filosofica e teologica dell’Occidente, insomma di ribadire a distanza di quasi due millenni la celebre sentenza di Tertulliano: “anima naturaliter christiana”.
L’apertura al trascendente è in corrispondenza con una visione armonica dell’universo, che distingue ma non separa la conoscenza della fede da quella scientifica, riconoscendo ad ognuna il posto che è dovuto.

«La moderna ragione propria delle scienze naturali – scrive il Papa – porta in sé un interrogativo che la trascende insieme con le sue possibilità metodiche. Essa stessa deve accettare la struttura razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura come un dato di fatto, sul quale si basa il suo percorso metodico. Ma la domanda sul perché di questo dato di fatto deve essere affidata dalle scienze naturali ad altri livelli e modi del pensare, alla teologia e alla filosofia».

Ecco il nodo della sua mancata Lectio Magistralis: «Conservando la propria identità, [Fede e Ragione] devono rapportarsi tra loro senza confusione ma senza separazione». Dopo aver spiegato come, storicamente, è stato il Cristianesimo a stabilire l’autonomia della Filosofia, e quindi della Scienza, di fronte alla Teologia, Papa Ratzinger afferma che la fede contiene alla base un incoraggiamento verso la verità: «La fede non è mai soltanto una dottrina religiosa, ma una forza purificatrice per la ragione stessa, che la aiuta ad essere più se stessa».

In chiusura, Benedetto XVI ammoniva: «Se la ragione diventa sorda al grande messaggio che le viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita. Perde il coraggio per la verità e così non diventa più grande ma più piccola. Applicato alla nostra cultura europea ciò significa: se essa vuole solo autocostruirsi in base al cerchio delle proprie argomentazioni (...) preoccupata dalla sua laicità, si distacca dalle radici delle quali vive. Allora non diventa più ragionevole e più pura, ma si scompone e si frantuma».

Questa visione armonica dell’universo, prevalente nel Medioevo, si è successivamente frantumata nel corso del processo di scristianizzazione dell’Occidente. Il suo ritorno chiuderebbe un ciclo storico, aprendone uno nuovo. Se è così, dobbiamo dire che il Papa si sta comportando con una lungimiranza che ormai sembra aver disertato il campo laicista.
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