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L'ignoranza religiosa in Italia

Ultimo Aggiornamento: 17/11/2008 23:15
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17/11/2008 23:09

Se in Italia siamo ignoranti in materia di cultura religiosa la colpa non è del laicismo di matrice anticlericale e anticattolica. Non è neanche della pigrizia intellettuale degli italiani, che da anni imperversa e che si manifesta quando, leggendo le statistiche di ascolto, si registrano record per trasmissioni televisive che a chiamarle becere si fa loro un complimento.
E non è neppure, si badi bene, per il generale degrado della scuola che, dai banchi delle elementari alle aule universitarie (dove si conferiscono lauree (dis)honoris causa a motociclisti, cantastorie, giullari, nani e ballerine e chi più ne ha più ne metta) sembra ormai inarrestabile.
Nossignori: chi pensa che siano queste le cause dell’ignoranza religiosa in Italia si sbaglia di grosso.
Ce ne spiega le ragioni il sig. Giancarlo Zizola il quale, dalle colonne del «Sole 24 Ore», sostiene che del « deficit di cultura religiosa » nel nostro paese sono responsabili nientemeno che la Curia Romana e i Vescovi Italiani. Del semplice clero, ovviamente, il sig. Zizola non parla neanche, non essendo, evidentemente, neppur degno di far da comparsa nel suo personalissimo scenario della «cultura religiosa» in Italia.
Riferendosi al pensiero di Giuseppe Lazzati quando, rettore dell’Università Cattolica di Milano, gli fece cenno del fatto che «Egli aveva incontrato non solo un debole entusiasmo ma anzi un`esplicita opposizione nei dirigenti dell`episcopato italiano e nella stessa Curia romana al suo progetto di istituire le facoltà di Teologia nelle università statali in Italia. », il sig. Zizola continua: « Era convinto (il prof. Lazzati ndr) che questa via sarebbe stata la più sicura per far uscire il Paese alla stretta del dualismo laicismo-clericalismo. ».

Dopo una disquisizione (ne sentivamo davvero il bisogno) nientemeno che sui rapporti fra Chiesa e Stato in Italia, il sig. Zizola conclude:
«Bisogna rendersi conto che le ondate schiumanti di xenofobia e persino i fenomeni di razzismo che inquinano il nostro Belpaese sono prodotti dell`ignoranza, comunque del deficit di cultura religiosa. Quando il diverso religiosamente non è veramente conosciuto, si alimenta diffidenza e si scatena un oscuro terrore dell`Islam prima di aver letto una sola sura del Corano. Anche i continui fraintendimenti sulla laicità, sui rari porti tra scienza e fede, tra etica e biiopolitiche e sullo statuto pubblico - pubblico, non politico - del ruolo della Chiesa nel dibattito sui temi. della vita, che stanno a cuore a Benedetto XVI, sono sintomi di quanto sia fragile la cultura religiosa in un Paese, come il nostro, che vuol dirsi ancora, malgrado tutto, un “Paese cattolico”. Così, a distanza di alcuni secoli, dobbiamo ammettere che non suonano talmente anacronistiche alcune osservazioni di Machiavelli quando sferzava i principi che cercano di appoggiarsi strumentalmente a Dio e non alla propria, virtù, e non dava tregua a quei religiosi «che pretendono di fare della politica solo facendo della religione, e viceversa» ammonendoli che in questo modo essi non riescono a nient`altro che «a corrompere la religione e a fare della pessima politica. »

Insomma, come due più due fa quattro, Curia Romana e Vescovi Italiani sono fra i maggiori responsabili non solo della persistenza « del dualismo laicismo-clericalismo » in Italia , ma addirittura delle «ondate schiumanti di xenofobia» e persino dei «fenomeni di razzismo che inquinano il nostro Belpaese». Anche loro, Curia Romana e Vescovi, han dunque contribuito, e in misura determinante, vien da concludere seguendo l’opinione del sig. Zizola, al comporsi di questo orrendo e squallido scenario, mostrandosi ostili all’idea di istituitre facoltà di teologia nelle università statali italiane. In queste facoltà teologiche si sarebbe potuta, infatti, affermare una luminosa scuola di cultura religiosa, grazie alla quale l’Italia sarebbe finalmente uscita dalle tenebre dell’ignoranza in materia, madre di ogni vizio xenofobo e d’ogni razzismo. Colpa loro, dunque, della Curia Romana e dei Vescovi Italiani!
E bravo il sig. Zizola, che da lezioni di storia della cultura religiosa in Italia dalla cattedra d’un giornale specializzato, evidentemente, nel giudicare de omnibus rebus et de quibusdam aliis e che farebbe forse meglio a continuare occuparsi di faccende da industriali, finanzieri, ragionieri e contabili, senza avventurarsi in argomenti estranei alla sua tradizione.
Certo il Prof. Lazzati non poteva prevedere, quando era ancora rettore della Cattolica, sino a che punto l’università e la scuola italiana si sarebbero ridotte nei decenni avvenire. E’ più che probabile che, mentre auspicava la fondazione di facoltà teologiche, sognasse (è proprio il caso di dirlo) uno sviluppo, un’evoluzione ben diversa da quella che in effetti si è registrata.
Credo che avessero davvero ragione la Curia Romana e i Vescovi Italiani a guardare, allora, con diffidenza all’istituzione di facoltà teologiche nelle università italiane. Non è difficile immaginare in che modo, una volta in mano a baroni, baronetti, vassalli, valvassori e valvassini legati a doppio nodo con il mondo politico e finanziario italiano, la teologia sarebbe stata massacrata. Si potrebbe ragionevolmente supporre che, se le facoltà di teologia fossero state davvero istituite, sarebbe accaduto che, così come i nostri migliori studenti di fisica, di biologia, di matematica, son costretti ad emigrare per trovare un posto dove possono sopravvivere senza dover rinunciare all’esercizio della ricerca o della professione, allo stesso modo i migliori studenti di teologia usciti da queste facoltà avrebbero avuto bisogno di chiedere asilo politico in Vaticano. Altro che dialogo.
Il sig. Zizola, che evidentemente ignora l’esistenza di realtà culturali di prim’ordine, come l’IBLA di Tunisi e il suo corrispondente Pontificio Istituto di Studi Arabi e di Islamistica (che a Roma, come a Tunisi, aprono le porte non solo e non tanto a religiosi, ma anche (e soprattutto come nel caso dell’Ibla di Tunisi) a laici interessati alla materia) non tiene assolutamento conto del fatto che questa cultura religiosa, orientata ad un dialogo serio e profondo esiste realmente, coltivata da persone che lavorano con passione, sacrificio ed enorme competenza.
Il sig. Zizola dovrebbe sapere che questa cultura è mortificata innanzitutto proprio da chi, come lui, si ostina a far finta di non vedere che esiste.
E il sig. Zizola non si spreca certo a spiegare che è anche per colpa dell’ostracismo al quale la stampa e i mezzi di comunicazione sociale condannano queste iniziative, che un’autentica cultura religiosa dedicata alle ragioni del dialogo e dell’ecumenismo non viene promossa, essendo totalmente ignorata dai mandarini dell’informazione.
Il sig. Zizola ignora pure che nel nostro paese esistono anche realtà come il nostro Eremo, per esempio, che con iniziative di promozione culturale non sponsorizzate da nessuno, e tantomeno dalla stampa confindustriale, contribuisce in modo umile e concreto allo sviluppo di questa cultura religiosa. E come il nostro Eremo sono tante, infinite, le iniziative portate avanti in Italia dal clero e dai laici cattolici. Iniziative che il sig. Zizola ignora, non considerandole degne della sua attenzione.
Se il sig. Zizola ignora tante cose della cultura religiosa, possiamo affermare, senza offender minimamente nessuno, che il sig. Zizola è, tecnicamente perlando, un illustrissimo «ignorante» in materia. Cosa che non gli impedisce di scriverne, pontificando, sulle gazzette finanziate dalle leggi d’un regime neofeudale, cosa sulla quale l’illustrissimo si guarda bene dall’esprimere un giudizio, o anche solo un accenno d’opinione. C’è anche da scommetere che, su queste stesse gazzette, il nostro non scrive gratis et amore Dei. D’altronde non è difficile immaginare che chi lo paga (con i nostri soldi) abbia a ritenersi ottimamente servito.

Farebbe forse meglio, il sig. Zizola, se avesse veramente a cuore lo scriver seriamente di queste cose, ad affrontar l’argomento cercando d’informarsi un pochino meglio sul reale stato delle cose di cui scrive, e non semplicemente rifacendosi a quanto ebbe a confidargli qualche decennio addietro il Prof. Lazzati.

Vorrei, infine, osservare che Niccolò Machiavelli, tirato imprudentemente in ballo ad adiuvandum da un non meno disinvolto che disinformante sig. Zizola, quando si riferiva ai politici e ai religiosi lo faceva guardando -ovviamente- alla realtà del suo tempo, quando «il fare politica» e «il fare religione» erano totalmente in mano alle istituzioni ecclesiastiche e rappresentavano, in buona sostanza, l’esercizio di due poteri distinti ma non separati esercitati da un unico soggetto.
La stessa situazione, oggi, esiste nei rapporti fra informazione e politica e, se vogliamo non tradire e sfigurare il ragionamento di Machiavelli, dovremmo ricollocarne lo schema in modo appropriato ed applicandolo, dunque, a queste due ineffabili categorie dei nostri giorni.
Mi permetto di dedicare al sig. Zizola, come semplice pro-memoria, il risultato di questa operazione, dalla quale risulta chiara, e suona verosimile, “mutatis mutandis”, la reprimenda che il Machiavelli non risparmierebbe oggi, seguendo l’ordine logico del suo pensiero, ai giornalisti, «che pretendono di fare dell’informazione solo facendo politica, e viceversa» ammonendoli che in questo modo essi non riescono a nient`altro che «a corrompere la politica e a fare della pessima informazione.»




[Modificato da 83pico@live.it 17/11/2008 23:15]
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