BENEDETTO XVI UDIENZA GENERALE

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Cattolico_Romano
00giovedì 2 luglio 2009 08:27
BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 1° luglio 2009



Cari fratelli e sorelle,

con la celebrazione dei Primi Vespri della solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo nella Basilica di san Paolo fuori le Mura si è chiuso, come sapete il 28 giugno, l’Anno Paolino, a ricordo del secondo millennio della nascita dell’Apostolo delle genti. Rendiamo grazie al Signore per i frutti spirituali, che questa importante iniziativa ha apportato in tante comunità cristiane. Quale preziosa eredità dell’Anno Paolino, possiamo raccogliere l’invito dell’Apostolo ad approfondire la conoscenza del mistero di Cristo, perché sia Lui il cuore e il centro della nostra esistenza personale e comunitaria. E’ questa infatti la condizione indispensabile per un vero rinnovamento spirituale ed ecclesiale. Come ebbi a sottolineare già durante la prima Celebrazione eucaristica nella Cappella Sistina dopo la mia elezione a successore dell’apostolo Pietro, è proprio dalla piena comunione con Cristo che “scaturisce ogni altro elemento della vita della Chiesa, in primo luogo la comunione tra tutti i fedeli, l’impegno di annuncio e di testimonianza del Vangelo, l’ardore della carità verso tutti, specialmente verso i poveri e i piccoli” (cfr Insegnamenti, I, 2005, pp. 8-13).

Ciò vale in primo luogo per i sacerdoti. Per questo, ringraziamo la Provvidenza di Dio che ci offre la possibilità adesso di celebrare l’Anno Sacerdotale. Auspico di cuore che esso costituisca per ogni sacerdote un’opportunità di rinnovamento interiore e, conseguentemente, di saldo rinvigorimento nell’impegno per la propria missione.

Come durante l’Anno Paolino nostro riferimento costante è stato san Paolo, così nei prossimi mesi guarderemo in primo luogo a san Giovanni Maria Vianney, il santo Curato d’Ars, ricordandone il 150° anniversario della morte. Nella lettera che per questa occasione ho scritto ai sacerdoti, ho voluto sottolineare quel che maggiormente risplende nell’esistenza di questo umile ministro dell’altare: “la sua totale identificazione col proprio ministero”.

Egli amava dire che “un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina”. E, quasi non riuscendo a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati ad una povera creatura umana, sospirava: “Oh come il prete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia”.



In verità, proprio considerando il binomio “identità-missione”, ciascun sacerdote può meglio avvertire la necessità di quella progressiva immedesimazione con Cristo che gli garantisce la fedeltà e la fecondità della testimonianza evangelica. Lo stesso titolo dell’Anno Sacerdotale - Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote - evidenzia che il dono della grazia divina precede ogni possibile umana risposta e realizzazione pastorale, e così, nella vita del sacerdote, annuncio missionario e culto non sono mai separabili, come non vanno mai separati identità ontologico-sacramentale e missione evangelizzatrice.

Del resto il fine della missione di ogni presbitero, potremmo dire, è “cultuale”: perché tutti gli uomini possano offrirsi a Dio come ostia viva, santa e a lui gradita (cfr Rm 12,1), che nella creazione stessa, negli uomini diventa culto, lode del Creatore, ricevendone quella carità che sono chiamati a dispensare abbondantemente gli uni agli altri. Lo avvertivano chiaramente negli inizi del cristianesimo. San Giovanni Crisostomo diceva, ad esempio, che il sacramento dell’altare e il “sacramento del fratello” o, come dice, “sacramento del povero” costituiscono due aspetti dello stesso mistero. L’amore per il prossimo, l’attenzione alla giustizia e ai poveri non sono soltanto temi di una morale sociale, quanto piuttosto espressione di una concezione sacramentale della moralità cristiana, perché, attraverso il ministero dei presbiteri, si compie il sacrificio spirituale di tutti i fedeli, in unione con quello di Cristo, unico Mediatore: sacrificio che i presbiteri offrono in modo incruento e sacramentale in attesa della nuova venuta del Signore. Questa è la principale dimensione, essenzialmente missionaria e dinamica, dell’identità e del ministero sacerdotale: attraverso l’annuncio del Vangelo essi generano la fede in coloro che ancora non credono, perché possano unire al sacrificio di Cristo il loro sacrificio, che si traduce in amore per Dio e per il prossimo.



Cari fratelli e sorelle, a fronte di tante incertezze e stanchezze anche nell’esercizio del ministero sacerdotale, è urgente il recupero di un giudizio chiaro ed inequivocabile sul primato assoluto della grazia divina, ricordando quanto scrive san Tommaso d’Aquino: “Il più piccolo dono della grazia supera il bene naturale di tutto l’universo” (Summa Theologiae, I-II, q. 113, a. 9, ad 2). La missione di ogni singolo presbitero dipenderà, pertanto, anche e soprattutto dalla consapevolezza della realtà sacramentale del suo “nuovo essere”.

Dalla certezza della propria identità, non artificialmente costruita ma gratuitamente e divinamente donata ed accolta, dipende il sempre rinnovato entusiasmo del sacerdote per la missione. Anche per i presbiteri vale quanto ho scritto nell’Enciclica Deus caritas est: “All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (n. 1).



Avendo ricevuto un così straordinario dono di grazia con la loro “consacrazione”, i presbiteri diventano testimoni permanenti del loro incontro con Cristo. Partendo proprio da questa interiore consapevolezza, essi possono svolgere appieno la loro “missione”, mediante l'annuncio della Parola e l'amministrazione dei Sacramenti. Dopo il Concilio Vaticano II, si è prodotta qua e là l'impressione che nella missione dei sacerdoti in questo nostro tempo, ci fosse qualcosa di più urgente; alcuni pensavano che si dovesse in primo luogo costruire una diversa società. La pagina evangelica, che abbiamo ascoltata all’inizio, sta invece a richiamare i due elementi essenziali del ministero sacerdotale. Gesù invia, in quel tempo e oggi, gli Apostoli ad annunciare il Vangelo e dà ad essi il potere di cacciare gli spiriti cattivi. “Annuncio” e “potere”, cioè “parola” e “sacramento” sono pertanto le due fondamentali colonne del servizio sacerdotale, al di là delle sue possibili molteplici configurazioni.



Quando non si tiene conto del “dittico” consacrazione-missione, diventa veramente difficile comprendere l’identità del presbitero e del suo ministero nella Chiesa. Chi è infatti il presbitero, se non un uomo convertito e rinnovato dallo Spirito, che vive del rapporto personale con Cristo, facendone costantemente propri i criteri evangelici? Chi è il presbitero se non un uomo di unità e di verità, consapevole dei propri limiti e, nel contempo, della straordinaria grandezza della vocazione ricevuta, quella cioè di concorrere a dilatare il Regno di Dio fino agli estremi confini della terra? Sì! Il sacerdote è un uomo tutto del Signore, poiché è Dio stesso a chiamarlo ed a costituirlo nel suo servizio apostolico. E proprio essendo tutto del Signore, è tutto degli uomini, per gli uomini.

Durante questo Anno Sacerdotale, che si protrarrà fino alla prossima solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, preghiamo per tutti i sacerdoti. Si moltiplichino nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle comunità religiose specialmente quelle monastiche, nelle associazioni e nei movimenti, nelle varie aggregazioni pastorali presenti in tutto il mondo, iniziative di preghiera e, in particolare, di adorazione eucaristica, per la santificazione del clero e le vocazioni sacerdotali, rispondendo all’invito di Gesù a pregare “il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe” (Mt 9,38). La preghiera è il primo impegno, la vera via di santificazione dei sacerdoti, e l’anima dell’autentica “pastorale vocazionale”. La scarsità numerica di ordinazioni sacerdotali in taluni Paesi non solo non deve scoraggiare, ma deve spingere a moltiplicare gli spazi di silenzio e di ascolto della Parola, a curare meglio la direzione spirituale e il sacramento della confessione, perché la voce di Dio, che sempre continua a chiamare e a confermare, possa essere ascoltata e prontamente seguita da tanti giovani. Chi prega non ha paura; chi prega non è mai solo; chi prega si salva! Modello di un’esistenza fatta preghiera è senz’altro san Giovanni Maria Vianney.

Maria, la Madre della Chiesa, aiuti tutti i sacerdoti a seguirne l’esempio per essere, come lui, testimoni di Cristo e apostoli del Vangelo.


© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

83pico@live.it
00sabato 4 luglio 2009 03:22
Re:
Cattolico_Romano, 02/07/2009 8.27:

...Egli amava dire che “un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il buon Dio possa accordare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della misericordia divina”. E, quasi non riuscendo a capacitarsi della grandezza del dono e del compito affidati ad una povera creatura umana, sospirava: “Oh come il prete è grande!... Se egli si comprendesse, morirebbe... Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia”.
...


Queste parole sono edificanti per gli aspiranti presbiteri [SM=g27985]
Cattolico_Romano
00sabato 11 luglio 2009 06:47

BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 8 luglio 2009

 

Caritas in veritate

Cari fratelli e sorelle!

La mia nuova Enciclica Caritas in veritate, che ieri è stata ufficialmente presentata, si ispira per la sua visione fondamentale ad un passo della lettera di san Paolo agli Efesini, dove l’Apostolo parla dell’agire secondo verità nella carità: “Agendo – lo abbiamo sentito ora -secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a Lui, che è il capo, Cristo” (4,15). La carità nella verità è quindi la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera. Per questo, attorno al principio “caritas in veritate”, ruota l’intera dottrina sociale della Chiesa. Solo con la carità, illuminata dalla ragione e dalla fede, è possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati di valenza umana e umanizzante. La carità nella verità “è principio intorno a cui ruota la dottrina sociale della Chiesa, un principio che prende forma operativa in criteri orientativi” (n. 6).

L’
Enciclica richiama subito nell’introduzione due criteri fondamentali: la giustizia e il bene comune. La giustizia è parte integrante di quell’amore “coi fatti e nella verità” (1 Gv 3,18), a cui esorta l’apostolo Giovanni (cfr n. 6). E “amare qualcuno è volere il suo bene e adoperarsi efficacemente per esso. Accanto al bene individuale, c’è un bene legato al vivere sociale delle persone… Si ama tanto più efficacemente il prossimo, quanto più ci si adopera” per il bene comune. Due sono quindi i criteri operativi, la giustizia e il bene comune; grazie a quest’ultimo, la carità acquista una dimensione sociale. Ogni cristiano – dice l’Enciclica – è chiamato a questa carità, ed aggiunge: “E’ questa la via istituzionale … della carità” (cfr n. 7).

Come altri documenti del Magistero, anche questa Enciclica riprende, continua ed approfondisce l’analisi e la riflessione della Chiesa su tematiche sociali di vitale interesse per l’umanità del nostro secolo. In modo speciale, si riallaccia a quanto scrisse Paolo VI, oltre 40 anni or sono, nella Populorum progressio, pietra miliare dell’insegnamento sociale della Chiesa, nella quale il grande Pontefice traccia alcune linee decisive, e sempre attuali, per lo sviluppo integrale dell’uomo e del mondo moderno. La situazione mondiale, come ampiamente dimostra la cronaca degli ultimi mesi, continua a presentare non piccoli problemi e lo “scandalo” di disuguaglianze clamorose, che permangono nonostante gli impegni presi nel passato. Da una parte, si registrano segni di gravi squilibri sociali ed economici; dall’altra, si invocano da più parti riforme non più procrastinabili per colmare il divario nello sviluppo dei popoli.

Il fenomeno della globalizzazione può, a tal fine, costituire una reale opportunità, ma per questo è importante che si ponga mano ad un profondo rinnovamento morale e culturale e ad un responsabile discernimento circa le scelte da compiere per il bene comune. Un futuro migliore per tutti è possibile, se lo si fonderà sulla riscoperta dei fondamentali valori etici. Occorre cioè una nuova progettualità economica che ridisegni lo sviluppo in maniera globale, basandosi sul fondamento etico della responsabilità davanti a Dio e all’essere umano come creatura di Dio.
 

L’Enciclica certo non mira ad offrire soluzioni tecniche alle vaste problematiche sociali del mondo odierno – non è questa la competenza del Magistero della Chiesa (cfr n. 9). Essa ricorda però i grandi principi che si rivelano indispensabili per costruire lo sviluppo umano dei prossimi anni. Tra questi, in primo luogo, l’attenzione alla vita dell’uomo, considerata come centro di ogni vero progresso; il rispetto del diritto alla libertà religiosa, sempre collegato strettamente con lo sviluppo dell’uomo; il rigetto di una visione prometeica dell’essere umano, che lo ritenga assoluto artefice del proprio destino. Un’illimitata fiducia nelle potenzialità della tecnologia si rivelerebbe alla fine illusoria. Occorrono uomini retti tanto nella politica quanto nell’economia, che siano sinceramente attenti al bene comune. In particolare, guardando alle emergenze mondiali, è urgente richiamare l’attenzione della pubblica opinione sul dramma della fame e della sicurezza alimentare, che investe una parte considerevole dell’umanità.

Un dramma di tali dimensioni interpella la nostra coscienza: è necessario affrontarlo con decisione, eliminando le cause strutturali che lo provocano e promuovendo lo sviluppo agricolo dei Paesi più poveri. Sono certo che questa via solidaristica allo sviluppo dei Paesi più poveri aiuterà certamente ad elaborare un progetto di soluzione della crisi globale in atto. Indubbiamente va attentamente rivalutato il ruolo e il potere politico degli Stati, in un’epoca in cui esistono di fatto limitazioni alla loro sovranità a causa del nuovo contesto economico-commerciale e finanziario internazionale. E d’altro canto, non deve mancare la responsabile partecipazione dei cittadini alla politica nazionale e internazionale, grazie pure a un rinnovato impegno delle associazioni dei lavoratori chiamati a instaurare nuove sinergie a livello locale e internazionale. Un ruolo di primo piano giocano, anche in questo campo, i mezzi di comunicazione sociale per il potenziamento del dialogo tra culture e tradizioni diverse.

Volendo dunque programmare uno sviluppo non viziato dalle disfunzioni e distorsioni oggi ampiamente presenti, si impone da parte di tutti una seria riflessione sul senso stesso dell’economia e sulle sue finalità. Lo esige lo stato di salute ecologica del pianeta; lo domanda la crisi culturale e morale dell’uomo che emerge con evidenza in ogni parte del globo. L’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento; ha bisogno di recuperare l’importante contributo del principio di gratuità e della “logica del dono” nell’economia di mercato, dove la regola non può essere il solo profitto. Ma questo è possibile unicamente grazie all’impegno di tutti, economisti e politici, produttori e consumatori e presuppone una formazione delle coscienze che dia forza ai criteri morali nell’elaborazione dei progetti politici ed economici. Giustamente, da più parti si fa appello al fatto che i diritti presuppongono corrispondenti doveri, senza i quali i diritti rischiano di trasformarsi in arbitrio.

Occorre, si va sempre più ripetendo, un diverso stile di vita da parte dell’umanità intera, in cui i doveri di ciascuno verso l’ambiente si colleghino a quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri. L’umanità è una sola famiglia e il dialogo fecondo tra fede e ragione non può che arricchirla, rendendo più efficace l’opera della carità nel sociale, e costituendo la cornice appropriata per incentivare la collaborazione tra credenti e non credenti, nella condivisa prospettiva di lavorare per la giustizia e la pace nel mondo. Come criteri-guida per questa fraterna interazione, nell’
Enciclica indico i principi di sussidiarietà e di solidarietà, in stretta connessione tra loro. Ho infine segnalato, dinanzi alle problematiche tanto vaste e profonde del mondo di oggi, la necessità di un’Autorità politica mondiale regolata dal diritto, che si attenga ai menzionati principi di sussidiarietà e solidarietà e sia fermamente orientata alla realizzazione del bene comune, nel rispetto delle grandi tradizioni morali e religiose dell’umanità.
 

Il Vangelo ci ricorda che non di solo pane vive l’uomo: non con beni materiali soltanto si può soddisfare la sete profonda del suo cuore. L’orizzonte dell’uomo è indubbiamente più alto e più vasto; per questo ogni programma di sviluppo deve tener presente, accanto a quella materiale, la crescita spirituale della persona umana, che è dotata appunto di anima e di corpo. E’ questo lo sviluppo integrale, a cui costantemente la dottrina sociale della Chiesa fa riferimento, sviluppo che ha il suo criterio orientatore nella forza propulsiva della “carità nella verità”.

Cari fratelli e sorelle, preghiamo perché anche questa
Enciclica possa aiutare l’umanità a sentirsi un’unica famiglia impegnata nel realizzare un mondo di giustizia e di pace. Preghiamo perché i credenti, che operano nei settori dell’economia e della politica, avvertano quanto sia importante la loro coerente testimonianza evangelica nel servizio che rendono alla società. In particolare, vi invito a pregare per i Capi di Stato e di Governo del G8 che si incontrano in questi giorni a L’Aquila. Da questo importante summit mondiale possano scaturire decisioni ed orientamenti utili al vero progresso di tutti i Popoli, specialmente di quelli più poveri. Affidiamo queste intenzioni alla materna intercessione di Maria, Madre della Chiesa e dell’umanità.


© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

83pico@live.it
00sabato 11 luglio 2009 22:23
Sto gustando l'enciclica un capitolo al giorno. Bella testa il Santo Padre.
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