Scuola: il voto di religione farà media

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00venerdì 14 maggio 2010 23:14
Il Consiglio di Stato si schiera dalla parte del Ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini e ribalta la sentenza del Tar che vietava agli insegnanti di religione di partecipare agli scrutini insieme agli altri docenti. Secondo il Consiglio di Stato, gli insegnanti di religione hanno diritto come qualsiasi altro docente a far valere i propri voti durante gli scrutini e gli studenti che scelgono di seguire l'ora di religione possono ricevere per questo ulteriori crediti. Il voto di religione farà media insieme agli altri voti per tutti gli studenti che la seguono. Mentre per chi non segue l'ora di religione, la media dei voti sarà fatta soltanto sulle altre materie, escludendo quindi la religione.

Secondo il Consiglio di Stato, infatti, non è discriminatorio dare la possibilità ai docenti di religione di partecipare agli scrutini di quegli studenti che hanno scelto di seguire la loro materia, anche se sono una minoranza nella classe. Ed è giusto che il voto di religione possa fare media per gli studenti che la seguono, come tutte le altre materie. L'ora di religione può quindi servire, a chi la segue, ad acquisire crediti formativi come qualsiasi altro corso extrascolastico (corsi di lingue, volontaria, corsi di teatro o corsi sportivi), previsti dal regolamento scolastico.

Il Tar aveva dichiarato illegittimo per i docenti di religione partecipare agli scrutini, in quanto "lo Stato italiano non assicura la possibilità per tutti i cittadini di conseguire un credito formativo nelle proprie confessioni o per chi dichiara di non professare alcuna religione, in etica morale pubblica". Il Ministro Gelmini aveva subito criticato la decisione del Tar, annunciando di volersi rivolgere al Consiglio di Stato, che non è dello stesso parere del Tar. Ed ora è arrivata la nuova sentenza che riammette a tutti gli effetti gli insegnanti di religione agli scrutini.

Il Ministro Gelmini ha annunciato con grande soddisfazione "la notizia che il Consiglio di Stato, riformando la sentenza del Tar della scorsa estate, ha riconosciuto la legittimità delle ordinanze nelle quali si stabiliva che ai fini dell’attribuzione del credito scolastico, determinato dalla media dei voti riportata dall’alunno, occorreva tener conto anche del giudizio espresso dal docente di religione. Il Consiglio di Stato infatti ha stabilito che, nel caso l’alunno scelga di avvalersi di questo insegnamento, la materia diventa per lo studente obbligatoria e concorre quindi all’attribuzione del credito scolastico".

La Rete degli Studenti, invece, esprime dei dubbi sulla sentenza: "La decisione del Consiglio di Stato ci lascia perplessi ma non rassegnati, siamo convinti che la religione cattolica non solo non debba essere insegnata in una scuola che si professa laica, ma che essa non debba in nessuna maniera influire sulla valutazione degli studenti. Crediamo che l'ora di religione sia un residuo anacronistico che trova corrispondenti solo nei regimi teocratici, e che la sentenza del Tar del Lazio andava nella direzione giusta, e cioè almeno nel non discriminare, in una scuola che è sempre più multietnica, chi non si avvale dell'insegnamento della religione cattolica. Quest'ultima sentenza, invece, riporta il sistema italiano di nuovo nell'abisso della discriminazione. Cosa faranno ora gli studenti di altre religioni? Saranno considerati meno bravi degli altri in base alla loro fede? Perché le attività formative che uno studente svolge nel proprio percorso formativo (volontariato, impegno politico e civile, esperienze lavorative ecc..) non sono regolate in nessun modo dal punto di vista dell'attribuzione di crediti (se non in maniera discrezionale che cambia da scuola a scuola) e la religione cattolica si?".

Secondo l'associazione studentesca, il Ministro Gelmini dovrebbe "preoccuparsi della mancanza nelle nostre scuole delle attività alternative all’ora di religione" e risolvere "le questioni che vanno dall'attivazione delle attività alternative, alla scelta degli insegnanti di religione o al programma che questi ultimi devono svolgere".




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