00 28/10/2008 02:40
Fra i testi più antichi del Buddhismo si annoverano i cosiddetti canoni: il Canone Pāli, il Canone cinese e il Canone tibetano, così denominati in base alla lingua degli scritti.
Il Canone Pāli è proprio del Buddhismo Theravāda, e si compone di tre piṭaka, o canestri: il Vinaya Piṭaka, o canestro della disciplina, con le regole di vita dei monaci; il Sutta Piṭaka o canestro della dottrina, con i sermoni del Buddha; infine l'Abhidhamma Piṭaka o canestro della fenomenologia in ambito cosmologico, psicologico e metafisico, che raccoglie gli approfondimenti alla dottrina esposta nel Sutta Piṭaka.
Il Canone cinese si compone di 2.184 testi a cui vanno aggiunti 3.136 supplementi tutti raccolti in 85 volumi. Il Canone tibetano si suddivide in due raccolte, il Kangyur e il Tanjur. Parte dei Canoni cinese e tibetano si rifanno ad un precedente Canone tradotto in sanscrito ibrido sotto l' Impero Kushan e poi andato in buona parte perduto. Questi due Canoni furono adottati dalla tradizione Mahāyāna che prevalse sia in Cina che in Tibet. Il Canone sanscrito riportava tutti i testi delle differenti antiche scuole e dei differenti insegnamenti presenti nell'Impero Kushan. La traduzione di tutte queste opere dalle originali lingue pracritiche a quella sanscrita fu voluta dagli stessi imperatori kushan. Buona parte di questi testi furono successivamente trasferiti in Tibet e in Cina sia da missionari kushani sia riportati in patria da pellegrini. Da segnalare che le regole monastiche delle scuole presenti oggi in Tibet e in Cina derivano da due antichissime scuole indiane, rispettivamente dalla Mulāsarvastivāda e dalla Dharmaguptaka.